Dibattiti

REPORT - Santiago H. Amigorena | Ghetto interiore

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organizzato nell'ambito di:

Nell’ambito della stagione di dibattiti di idee «Nessun uomo è un’isola»

14 novembre 2020
Festival Bookcity
Milano

 

Incontro organizzato nell’ambito del festival Bookcity di Milano dall’Institut Français Italia, visibile in streaming su questa pagina o direttamente su Youtube. Parteciano Santiago Amigorena, regista, sceneggiatore e scrittore argentino di lingua francese, Włodek Goldkorn, scrittore e giornalista polacco di lingua italiana, e Stefano Montefiori, giornalista del Corriere della Sera.

L’ultima opera di Santiago Amigorena, Le ghetto intérieur (P.O.L.), in italiano Il ghetto interiore (Neri Pozza, traduzione di Margherita Botto), ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il premio Goncourt “La scelta dell’Italia” attribuito dagli studenti delle scuole superiori in Italia. Ambientato a Buenos Aires nel 1940, racconta la storia dello scambio epistolare tra Vicente Rosenberg, esiliato in Argentina, e sua madre Gustawa, rimasta in Polonia nel ghetto di Varsavia fino alla sua deportazione a Treblinka.

 

Il silenzio

Questo non è un libro sull’Olocausto. Potrebbe essere sia un’introduzione che una conclusione al progetto autobiografico complessivo dell’autore incentrato sul silenzio. Per lui, scrivere è un modo di parlare del silenzio, un progetto piuttosto originale nella nostra epoca di rumore e di comunicazione frenetica. Il Ghetto interiore racconta la storia del silenzio di Vicente quando non risponde alle lettere della madre. Con il rarefarsi delle sue lettere, che finiscono per cessare del tutto, Vicente sprofonda in una malinconia silenziosa che lo porta quasi al suicidio. Il suo silenzio è all’origine del silenzio di Santiago Amigorena, suo nipote.

 

Identità ebraica

Il silenzio ha ugualmente le sue radici nella vergogna: essere ebrei, trovarsi in Argentina, così lontani dalla propria famiglia, persino indifferenti. Quando Vicente lasciò la Polonia nel 1928, si sentì polacco; durante la sua vita in Argentina, si sentì argentino. Il nazismo lo costrinse a sentirsi ebreo, come sua madre, rinchiuso nel ghetto e poi deportato. Come accettare una filiazione che non riesce a sentire fino in fondo? A questo si aggiunge la sofferenza vissuta da questo amante della lingua tedesca e della poesia. Un dolore condiviso da molti emigranti ebrei provenienti dall’Europa centrale e orientale. Paradossalmente, è stato proprio attraverso la persecuzione che è nata, in quel momento, la coscienza e l’identità religiosa di molti di loro. La percezione della loro identità è molto diversa da quella dell’ideologia occidentale. La compresenza di diverse identità concomitanti – familiare, professionale, religiosa, etnica, culturale o anche pluriculturale, regionale, nazionale o anche plurinazionale – è un’esperienza diffusa. Al contrario, le ideologie fasciste hanno cercato di ridurre gli individui a un’unica identità, e di delimitarla per dare forma a popoli monolitici. Il progetto nazista non è riuscito a definire cosa sia un ebreo perché essere ebreo non era la stessa cosa in Germania, Polonia, Ungheria o Francia, ma anche perché la determinazione di un’identità implica la sua fine. Ma ciò che resiste alla definizione di identità è la vita: finché si è vivi, l’identità è in divenire.

 

Oblio

Włodek Goldkorn insiste sull’importanza dell’Argentina e traccia un parallelo tra la scomparsa forzata dei desaparecidos durante la dittatura militare dal 1976 al 1983 e la scomparsa dei deportati dell’Olocausto. In entrambi i casi, i sopravvissuti e i discendenti devono piangere in assenza di una tomba. Buenos Aires è una città dove la dimenticanza precede la memoria, ed è contro la dimenticanza che Gustawa lotta quando scrive a suo figlio. Esige parole, come ogni madre separata dal proprio figlio, ma con l’esasperazione che deriva dal contesto del ghetto, dove è fondamentale superare l’indifferenza. Santiago Amigorena difende la dimenticanza contro la memoria e sostiene la necessità di un oblio elaborato, che sarebbe l’opposto della negazione: la vita, a suo modo di vedere, avrà vinto quando riusciremo a dimenticare la Shoah e sarà diventata un ricordo che non ci impedisce di vivere.

 

Esilio

Vicente Rosenberg, un adolescente esiliato dalla Polonia all’Argentina, vive un esilio geografico perché si trova a dodicimila chilometri dal più grande evento della sua storia familiare e personale, ma anche un esilio emotivo perché si sta costruendo una nuova vita, lontano dalle sue radici e dai suoi genitori. Santiago Amigorena ha fatto il contrario: ha lasciato il suo paese natale a causa delle persecuzioni contro la sinistra argentina, arrivando a Parigi nel 1973 all’età di dodici anni. Sebbene si trattasse di un esilio politico in un continente lontano e sconosciuto, lo vedeva comunque come un ritorno alle radici della sua famiglia, alle loro origini europee. Il suo viaggio è quindi uguale e contrario a quello del nonno. Ma entrambi sentivano di aver lasciato il luogo dove avrebbero dovuto trovarsi per vivere l’evento più importante della loro vita. Ed entrambi hanno reagito allo stesso modo, attraverso il silenzio: l’esilio è stato il grande artefice del loro silenzio - e per Santiago, del bisogno di scrivere.

 

Scrivere in una lingua straniera

L’altra ovvia conseguenza dell’esilio è il cambiamento di lingua. Anche se Santiago Amigorena parla più spontaneamente in spagnolo, scrive le sue opere letterarie esclusivamente in francese. Questa lingua è la nuova terra ritrovata dell’autore esiliato. Secondo Amigorena, scrivere in una lingua non nativa è un’espereinza in cui si sovrappongono facilità e distanza, soprattutto se la lingua è il francese, che ha una tradizione di scrittori stranieri a cui è orgoglioso di appartenere: Jan Potocki (polacco), Emil Cioran (rumeno), Eugène Ionesco (rumeno), Samuel Beckett (irlandese)… Una tradizione simile non esiste nel caso dello spagnolo, ed è ancora embrionale in quello dell’italiano.

 

Report scritto da Aurore Tirard, lettrice di scambio presso l’Università degli Studi di Milano La Statale / Institut français Italia