Dantedì - Omaggio a Jacqueline Risset

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In occasione del Dantedì, pubblichiamo un contributo inedito di Umberto Todini che ricorda l’opera della moglie Jacqueline Risset, autrice della traduzione francese di riferimento della Divina commedia di Dante 

È in stampa Avanguardia a più voci. Scritti per Jacqueline Risset ai cui inizi non solo amici, scrittori e studiosi da dovunque, presenziò pure l’Ambasciata di Francia con un suo inviato. Sono scritti (di Ossola, Balestrini, Gras, Patrizi, Tellermann, Rey, Magrelli, Waysbord, tra molti altri) che mettono a fuoco la figura di questa «ambasciatrice di cultura tra Italia e Francia» (recita anche, l’epigrafe sul primo numero di «Italiques» dopo la sua scomparsa), e che fin dagli anni Sessanta vediamo sulle nuove tracce di Gadda, di Ponge, amica dei Novissimi (Sanguineti, Balestrini, Giuliani Filippini… ma curiosamente dimenticata, in specie su «Il Fatto», nei coccodrilli di questi giorni per Arbasino), e di Ungaretti. 

In questi Scritti per Jacqueline Risset, andrà pur segnalato in questo giorno dedicato a Dante, sorprende non poco la sua assenza (o quasi). Eppure sono sicuro (o quasi) che Jacqueline ne sia soddisfatta perché, talora, mi confidava di temere che questa grande passione avrebbe oscurato tutte le altre sue pur numerose e non meno grandi passioni. D’altra parte è normale, ribattevo, dopo quanto hai fatto per lui (dieci anni più le revisioni) e senza contare Rimes. E lei insisteva… 

Ma in questo giorno e in omaggio a Dante e alla “mens” prodigiosa di questa donna, poeta, studiosa, scrittrice e traduttrice, io, al suo fianco per la vita, non posso non derogare a quelle sue rimostranze per quanto non ingiuste, e quindi ricordo almeno quei fatti che, nella cultura europea tra due millenni, la legano a Dante Padre, ormai, grazie proprio a lei, anche Père. Verrebbe da dire osservando  che a partire dalla sua traduzione, altre nuove continuano a uscire (e perfino al ralenti dell’ottava di Ariosto invece che alla vitesse della terzina). Ma tanta abbondanza non sarà forse perché, da quella sua traduzione, comunque epocale anche se non perfetta e “mortale” (senza complessi dichiarò lei stessa a Bernard Pivot), è rinato, se non altro, il piacere poetico di tornare a leggere un autore in una lingua non sua, ma resa da chi di quella lingua ha saputo fare madre e non matrigna. Ma torniamo ad alcuni fatti che riassumo in breve come segue e lascio a chi legge da ponderare. 

Dalla prima edizione integrale della Divine Comédie del 1990, all’ultima, del 2010, sono state sei le riedizioni e tre le revisioni integrali (e dell’ultima, insieme a Le Goff e Ossola, soffrì molto perché inspiegabilmente priva di testo a fronte). E se poi non sta a me provare la ricaduta capillare di quei dieci anni di lavoro tra «microscopio» linguistico e trance poetica, come sosteneva Fellinini, mi limito invece, al ricordo di un’occasione pubblica e recente in cui, appena presentatogli, Emmanuel Macron mi disse «Bien sûr, sa traduction en G.F.», Garnier Flammarion, ovvero, citando la collezione nella quale nel 1990, «La Divine Comédie» di Jacqueline Risset era uscita per la prima volta. Certo chi parlava non è certo un dantista ma piuttosto, allora, un lettore e uno studente qualsiasi… Non mi era mai accaduto coi politici nostrani.

Però lungi da me entrare in querelles fuori posto (e sulle quali non resterei, tuttavia, muto). Mi basta soltanto fare mie le parole di Yves Bonnefoy che, non molti anni orsono, al termine di novanta minuti di disanima comparativa (talora esilarante), al Collège de France, su «la lingua dei fatti» in Dante e sul suo traduttore allora ancora di riferimento, ebbe a dire e poi, a scrivere «Amava talmente Dante, che lo ha voluto tenere soltanto per sé».

Più toccante però una ricaduta recente di cui sono stato partecipe diretto nel Cimitero Acattolico di Roma, dove Jacqueline Risset sta ormai con amici e poeti lì residenti prima di lei. Mentre mi aggiravo tra vasi e fiori (mimose e rose sono il suo paradiso), di spalle, in francese qualcuno m’interpella «Monsieur, monsieur, qui êtes vous ? Son mari ?» «Oui, madame», rispondo curioso e lei, gentile e cortese, di mezza età (un po’ più âgée di Macron, «Vous savez, monsieur, grace à elle, j’ai pu découvrir, lire et aimer la Divine Comédie…» 

Avevi proprio ragione, 

Quelques chose de blanc

lumière venant vite sur la mer

s’en allant 

comme elle était venue, rapide. 

…purtroppo.

Umberto Todini