Dibattiti

5 | Gilles Bœuf / Ferdinando Boero

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viralità / immunità: due domande per interrogare la crisi

Ferdinando Boero

Mai come in questo periodo la scienza viene chiamata a risolvere problemi di vita o di morte e tutti si sorprendono che non sia in grado di rispondere in modo efficace all’emergenza della pandemia da coronavirus. 

La colpa di queste attese risiede anche negli scienziati stessi che, spesso, hanno vantato i propri risultati come risolutori di problemi capitali. La scienza si basa su solide certezze, ma si proietta nell’area oscura dell’ignoranza, di quel che non sappiamo. E quanto più conosciamo, tanto più ci rendiamo conto di non sapere. 

Avevamo la presunzione di dominare il mondo e basta un minuscolo microrganismo per gettare a gambe all’aria i nostri sistemi economici e sociali. Non siamo più forti della natura, anche se pensiamo di esserlo. Ci dobbiamo adattare ad essa e non possiamo pensare che sia lei ad adattarsi a noi. Passet (Passet R (1969) Politiques de développement. Dalloz, Paris) identifica la sostenibilità con tre sfere: 1: ambiente, 2: società, 3: economia. Le leggi che regolano la sfera ambientale sono valide anche per le sfere 2 e 3: senza l’ambiente non possono esistere né la società né l’economia. Le leggi della sfera sociale valgono anche per la sfera economica, mentre le leggi della sfera economica devono adattarsi alle altre due sfere. 

Abbiamo agito in modo opposto: le leggi della sfera economica hanno prevalso su quelle della sfera sociale ed ambientale. Il risultato è sotto ai nostri occhi, ed è disastroso anche da un punto di vista economico, oltre che ambientale e sociale. La sostenibilità, obiettivo di tutte le dichiarazioni di intenti da decenni, richiede l’inversione delle priorità come garanzia di una futura prosperità della nostra specie. 

Le scienze dell’evoluzione ci mostrano che le specie in grado di adattarsi al resto dell’ambiente progrediscono e prosperano, mentre quelle che non riescono a stare al passo sono spazzate via dalla selezione naturale. 

Il successo di una specie si misura dal numero di individui che la rappresentano. Ma il troppo successo erode le premesse per la continuità delle specie, in quanto gli ecosistemi non sono più in grado di sostenere i loro tassi di consumo delle risorse. 

In estrema sintesi, le leggi della natura sono due: 

  • la legge della crescita: tutte le specie tendono ad aumentare di numero
  • la legge del limite: anche se tutte tendono a crescere, non tutte possono farlo perché il mondo è un sistema infinito che non prevede crescite infinite. 

 

Abbiamo puntato tutto sulla prima legge, quella della crescita, e ora stiamo pagando le conseguenze di aver ignorato la seconda legge: quella del limite. 

Questa crisi è una severa lezione che ci offre una grande opportunità: l’opportunità di adattare i nostri sistemi di produzione e di consumo alle leggi naturali, imboccando la strada della sostenibilità. 

 

Gilles Bœuf

Nel dicembre 2019, nella città cinese di Wuhan è stata segnalata una polmonite di origine sconosciuta che ha colpito 59 persone. Da allora è stato accertato che questa malattia emergente, divenuta poi una pandemia, è stata causata da «un nuovo virus», di fatto un coronavirus (Sars-CoV-2), proveniente  dai pipistrelli. È stato chiamato Coronavirus 2019 o Covid-19. Questo virus si è diffuso a un ritmo allarmante in tutto il mondo. Quello che non doveva succedere, quello che non doveva essere altro che un piccolo impatto molto circoscritto, molto localizzato, si è diffuso in tutto il mondo in poche settimane! Con oltre 100.000 voli al giorno, il traffico aereo è chiaramente chiamato in causa in questa sconcertante diffusione del Virus.

Allora, che spiegazione diamo a tutto questo e come si rapporta con i nostri stili di vita e i nostri comportamenti? Qual è il ruolo degli scienziati nell’interpretare questi eventi? Quello che sappiamo è che i mercati di questo tipo, in cui si vendono animali selvatici vivi, concentrano specie che di solito non si mescolano, in spazi molto piccoli, in condizioni di promiscuità spaventose, favorendo il passaggio della barriera tra le specie. Allo stesso modo, l’allevamento e il trasporto di animali selvatici in cattive condizioni igieniche, stipati in gabbie, e la preparazione e il consumo della carne di questi animali favoriscono contatti a rischio tra l’uomo e i virus che questi animali possono trasportare. Un lavoro pubblicato sulla rivista «Nature» 10 anni fa da Felicia Keesing e dai suoi colleghi, ha evidenziato un effetto di «diluizione» nel mondo vivente. La diffusione di un patogeno opportunista, come un virus, è rallentata non solo dalla diversità delle specie, ma soprattutto dalla diversità genetica all’interno di ciascuna di esse. Questa diversità genetica intraspecifica è un vero e proprio labirinto per i parassiti e i patogeni, che hanno a che fare con individui in continuo mutamento, alcuni dei quali sono resistenti nei loro confronti, il che ne ostacola l’espansione. La variabilità, e la diversità che ne deriva, è una protezione per gli ospiti potenziali. È il declino della biodiversità ad aumentare il rischio di trasmissione di agenti patogeni e l’insorgenza di malattie associate, riducendo le popolazioni ospitanti e, così facendo, la probabilità di insorgenza di resistenze. Nei mammiferi, tre ordini, roditori, pipistrelli e primati, sono portatori del 75% dei virus zoonotici (che passano da animale a umano) finora descritti. Pertanto, per comprendere tali fenomeni è importante tenere conto di tre fattori: 

  • L’allevamento intensivo di animali domestici. Di fatto, 12 specie di animali domestici sono, insieme ai 3 ordini di mammiferi selvatici, portatori di molti virus zoonotici; 
  • La cattura di animali selvatici per il consumo, per uso medicinale o per altri usi, o per l’uso come animali domestici; 
  • La distruzione degli habitat, in particolare della foresta tropicale, che provoca squilibri negli ecosistemi e aumenta le aree di contatto tra l’uomo e la fauna selvatica, ma a volte anche quelle tra l’uomo, la fauna selvatica domestica e la flora e la fauna selvatiche.

La crisi Covid19 - che è di natura profonda e planetaria - sta facendo sì che l’intera umanità (di cui più di 3 miliardi sono confinati!) «viva» questi famosi «limiti planetari». Dalla crisi ecologica nasce la crisi sanitaria e poi la crisi economica. Come dobbiamo reagire? Prendiamo ispirazione dalla vita: esiste da quasi 4 miliardi di anni, ha avuto un successo favoloso, ci stupisce e ci incoraggia ogni giorno, ci sostiene, ci cura, ci nutre, collabora in modo permanente con noi. Nonostante le crisi gigantesche e molto dure, è sempre sopravvissuta, e si è costantemente evoluta di fronte alle avversità. La vita innova costantemente. Se gli esseri viventi si sono adattati così bene, è perché sono costantemente cambiati, cosa che noi non sempre facciamo, soprattutto nei nostri comportamenti! Il nostro futuro auspicabile dipende da questo cambiamento, e prima di tutto dalla consapevolezza che apparteniamo inevitabilmente a questa realtà vivente: siamo acqua, DNA, cellule, organismi, cooperazione, aiuto reciproco, commensalismo, mutualismo, simbiosi… Possano i 15 geni di un piccolo virus provocare in noi, con i nostri 30 000 geni, l’elettroshock collettivo di cui abbiamo bisogno…

 

Ferdinando Boero

La crisi da Coronavirus ha messo in luce l’importanza della scienza. Non dovrebbe essercene bisogno, visto che è l’unico modo che conosciamo per acquisire conoscenza, ma c’era bisogno di rinforzare il concetto. La risposta della scienza, però, sta generando sfiducia nella scienza stessa nella gente comune e nei decisori. Mi spiego. Quando il problema è diventato evidente, alcuni virologi hanno detto: nessun problema, è una banale influenza. Ogni anno muoiono migliaia di persone per le influenze stagionali, ma di solito sono persone anziane e deboli, arrivate in fondo al loro periodo vitale. Altri hanno detto: attenzione! questa è più seria delle comuni influenze, e può causare serie conseguenze. Altri ancora hanno detto: siete tutti matti! questa influenza uccide e dobbiamo correre ai ripari. 

Alcuni decisori, primo tra tutti Boris Johnson, hanno deciso di non far niente, e di lasciar fare alla natura: moriranno i deboli e la specie sarà più forte. Già: la selezione naturale. Il virus avrebbe selezionato gli individui resistenti e la nostra specie ne sarebbe uscita rinforzata! Poi Boris ha cambiato idea, chissà come mai. 

Chi ha ragione? Quale è la versione giusta? In Italia i virologi hanno presentato le tre possibilità come mutualmente esclusive e hanno iniziato a insultarsi a vicenda, accusandosi reciprocamente di allarmismo o irresponsabilità. 

Di fronte a questi conflitti, un Ministro ha detto che la scienza deve fornire solide verità e che, invece, non lo stava facendo. Come dire che la scienza serve a poco. 

Il problema è di tipo filosofico: gli epistemologi chiedono alla scienza di essere “dura” e  predittive. Di predire il futuro con equazioni. La fisica è la regina delle scienze, per loro! 

Le scienze che non sono in grado di farlo sono “molli” e descrittive. Ovviamente tutte le scienze tendono a mostrarsi “dure”, ed è un grave errore. Non tutte le scienze permettono di prevedere il futuro applicando formule. O, meglio, possono prevedere il futuro in modo probabilistico. 

Ancora non sappiamo bene quali siano le percentuali, ma è ovvio che tutt’e tre le versioni dei virologi sono vere, ma nessuna è universalmente vera. 

Gran parte di chi viene contagiato neppure se ne accorge, anche se può contagiare gli altri. E quindi hanno ragione quelli che dicono che è una banale influenza. 

Una parte di chi viene contagiato si ammala, ha sintomi seri ma può riprendersi, a volte dopo terapia intensiva. E quindi hanno ragione quelli che dicono che è il problema è serio ma non troppo. 

Una parte di chi viene contagiato muore. Nonostante le cure. E quindi hanno ragione quelli che predicano estrema cautela. 

Ora pensate alle percentuali. Se vi dicessi che il 70% della popolazione non ne risente, che il 20% della popolazione si ammala ma guarisce e il 10% muore, come reagireste? In Italia ci sono circa 60 milioni di persone. Il 10% sono sei milioni: il numero di vittime del genocidio nazifascista a danno degli Ebrei, un olocausto. 

La scienza, quando le cose si fanno difficili, non produce verità universali. La pandemia da Coronavirus non è una situazione tipo vero o falso. Ogni posizione è falsa nella sua universalità, visto che lo stesso evento (l’infezione da virus) può portare a tre categorie di effetti (nessuno, gravi ma non mortali, mortali). Tutt’e tre le posizioni sono vere, sono confermate dai fatti, ma non si applicano a tutto il campione considerato. Le percentuali le sapremo solo dopo. 

Le scienze “dure”, predittive, si occupano di fenomeni relativamente semplici. Le scienze cosiddette “molli”, descrittive, si occupano di fenomeni molto complessi. Non possiamo chiedere a chi studia fenomeni complessi di rispondere come risponderebbero quelli che studiano fenomeni semplici. I fisici, quando si ammalano, non vanno dal fisico, vanno dal medico. Il medico si basa su casistiche che non sono universali, ma probabilistiche. E se un rimedio non funziona su alcuni pazienti, ne cerca un altro. Continuando a prescriverlo se, nella maggior parte dei casi, funziona. 

Vale la pena ripeterlo: le scienze “dure” affrontano problemi semplici, le scienze “molli” affrontano problemi difficili. 

La pandemia ha severi effetti sulla nostra economia, e questo deve farci riflettere. Gli economisti sono specializzati nel prevedere il futuro attraverso i loro modelli matematici. Evidentemente pensano che l’economia sia come la fisica: dura. Non lo è. L’economia è governata da contingenze che possono avere conseguenze catastrofiche. Una volta è un virus, un’altra volta sono due aerei che si schiantano su due grattacieli, altre volte sono i mutui concessi con troppa liberalità. Gli economisti ci hanno consigliato le delocalizzazioni: spostiamo le produzioni in paesi dove la manodopera è a buon mercato e non ci sono leggi severe sulla protezione dell’ambiente. Così ora ci accorgiamo di non avere mascherine per proteggerci: nessuno le produce più, in Europa. Gli effetti sull’ambiente non sono limitati ai paesi in cui abbiamo spostato le produzioni inquinanti: il cambiamento è globale. Inoltre la globalizzazione diffonde le epidemie in modo catastrofico, facendole diventare pandemie. Tutto questo sconvolge un’economia che non aveva messo queste variabili nei suoi modelli. 

Impareremo le lezioni di biologia, di epistemologia e di economia? Le evidenze sono talmente chiare! Se non le impareremo ci penserà la selezione naturale. Darwin direbbe: non volete capire? va bene lo stesso! E il risultato sarà che saremo spazzati via dalla nostra incapacità di essere abbastanza sapiens. 

Qualcuno sta avvertendo da tempo che gli attuali modelli di produzione e consumo non vanno bene. Ma la sfera economica ha sempre prevalso su quella sociale e su quella ecologica. E anche ora, per tornare alla “normalità”, si chiamano gli economisti a disegnare un futuro quanto più possibile simile al passato. Gli avvertimenti resteranno inascoltati. A noi resterà la magra soddisfazione di dire: vi avevamo avvertiti!


 

Gilles Bœuf

Riguardo alle riflessioni del mio grande amico Fernando a proposito di questa pandemia che colpisce le nostre due nazioni, l’Italia e la Francia, mi sento di dire che oggi siamo compagni di sventura, ma siamo anche entrati in una fase molto incoraggiante quanto al numero complessivo dei morti nel mondo nei diversi paesi considerati nel loro insieme (alcuni non hanno ancora raggiunto il picco perché sono stati toccati in un secondo momento). A questo proposito possiamo fare riferimento ai dati raccolti dall’IRMES (Istituto per la Ricerca Biomedica e l’Epidemiologia dello Sport). Ciò non significa, ovviamente, che la crisi sia finita, ma che l’intensità delle contaminazioni e dei decessi è effettivamente diminuita. La vera domanda ora è: come affronteremo il “deconfinamento”? E che aiuto può darci la scienza? Abbiamo sentito di tutto, negli ultimi due mesi, frasi affrettate, informazioni di parte, fake news, e soprattutto una valanga di affermazioni di “pseudo-esperti” che di fatto non fanno altro che esprimere la loro “opinione”, che è ben lontana dall’essere un fatto scientifico provato!  Etienne Klein, un fisico francese, ha pubblicato un bel libricino* intitolato Je ne suis pas médecin mais je… (Non sono un medico ma…) che a questo proposito è di grande interesse. Ecco cosa scrive: «Facciamo un esperimento mentale. Immaginiamo che in una data popolazione compaia una nuova malattia, che colpisce una persona su mille. Poiché i sintomi di questa patologia non sono né visibili né percepiti, nessuno può dire chi è malato e chi no. Ma i ricercatori lavorano sodo e alla fine sviluppano un test di screening affidabile al 95%. Ciò significa che ogni persona malata viene rilevata come positiva, ma anche che su cento persone non malate, in media, novantacinque sono effettivamente negative al test, e tuttavia c’è anche un cinque per cento di cosiddetti “falsi positivi”, cioè persone positive al test pur non essendo malate. Ora, mettiamo che qualcuno sia positivo al test: qual è la probabilità che sia malato? Se fate un sondaggio nel vostro ambiente, scoprirete che la risposta  “il 95%” è molto diffusa. Ma la risposta corretta è… solo il 2%!». Ecco a che punto siamo adesso! Si direbbe che un test affidabile al 95% possa essere un buon risultato, ma in realtà, contrariamente a quanto si tende a credere, non serve a molto. Perché un test sia utile, la sua affidabilità deve essere ancora più vicina al 100%. Quindi, lunga vita alla scienza! 

Una domanda assillante che verrà fuori al momento del deconfinamento, o alla fine di questo episodio infettivo, in entrambi i nostri paesi, sarà «abbiamo gestito bene questa crisi ?», e soprattutto «perché alcuni paesi se la stanno cavando infinitamente meglio di altri ?» E questo riapre l’intero dibattito sui rapporti tra politica e scienza. È ragionevole lasciare la totalità/responsabilità delle decisioni a un “Comitato scientifico”? Certo che no, e su questo punto possiamo anche interrogarci sulla trasversalità e sulla composizione di un comitato del genere : deve essere composto esclusivamente da medici? È chiaro che anche altre discipline sono altrettanto decisive, come le scienze sociali, l’antropologia, l’ecologia e persino la filosofia… Spetta naturalmente alla politica prendere la decisione finale, sulla base dello stato dell’arte delle varie discipline. Ma la conoscenza prodotta dalla scienza implica sempre una buona dose di imprevedibilità. In pochi mesi sono stati pubblicati 50.000 articoli scientifici sul Covid, ma abbiamo fatto qualche progresso nella nostra consapevolezza della crisi attuale? 

Come aggiunge il nostro amico Etienne Klein, «Oltre alle devastazioni che ha già provocato e continuerà a provocare, il piccolo coronavirus ci spingerà forse a relativizzare il nostro relativismo? A considerare che i discorsi non sono tutti uguali, che alcuni sono meno veri di altri? Finiremo, grazie al virus, per cancellare dalla nostra mente l’idea che la conoscenza scientifica è sempre superficiale e arbitraria, mera opinione collettiva di una determinata comunità, senza alcun legame con la realtà?». La scienza non è e non sarà mai un’opinione, ed è su questo punto che dobbiamo rimanere cauti e, soprattutto, guardare al quadro generale! Per questo, naturalmente, come sostiene Ferdinando, dobbiamo formare i nostri giovani (e anche i meno giovani, del resto!) ma anche coltivare in loro un vero e acuto spirito critico! A questo proposito, bisogna insistere con forza sulla necessità di dare spazio, grazie ad insegnanti ben preparati, alle Scienze della vita e della terra in tutto il curriculum scolastico, dalla scuola materna all’università e alle “grandes écoles”. In fin dei conti, senza un cambiamento da parte nostra, non saremo in grado di adattarci ai cambiamenti in corso! Assistiamo a un faccia a faccia tra i partigiani del “ricominciare come prima e recuperare il ritardo della produzione” e quelli che, al contrario, come noi, si rifanno a una filosofia ben più profonda, ispirata alla migliore distribuzione delle risorse, alla rilocalizzazione dei mercati e degli approvvigionamenti locali e soprattutto al contrasto di orribili difetti dell’essere umano come la sconsideratezza, l’arroganza e l’avidità…

 

*Tract de crise, n. 25, 31 marzo 2020, Gallimard. 

 

Ferdinando Boero

Confesso che non ho capito bene l’esempio del fisico che non è un medico ma… non esistono test attendibili al 100%: La medicina non è fisica. Il livello di indeterminazione è alto, ed è per questo che in tutte le trattazioni ci sono intervalli di confidenza, con la deviazione standard. Alla fine l’indeterminazione è presente anche nella fisica (principio di indeterminazione di Heisenberg). La teoria del caos ci indica che le previsioni sono impossibili quando si affrontano di situazioni complesse. Non esiste l’attendibilità del 100% in medicina, vista la complessità degli argomenti che tratta. 

Le percentuali di attendibilità delle cure mediche non sono mai del 95%, non per niente in ogni farmaco esiste una lunga lista di effetti collaterali che ci dicono che in alcuni casi potremmo anche morire assumendolo. Non possiamo aspettarci questo livello di attendibilità. La medicina non diventerà fisica: studia argomenti troppo complessi per la fisica.  Quando i fisici si ammalano vanno dal medico, non vanno da un fisico.

La biologia è una scienza storica, così come la medicina. Si basa su vincoli e su contingenze. Le leggi della fisica eliminano le contingenze e per questo sono predittive. Ma, nella vita vera, sono proprio le contingenze che fanno la storia. Altrimenti “non ci sarebbe storia” e i fisici, applicando qualche equazione, potrebbero scrivere oggi il giornale di dopodomani (quello di domani si sta scrivendo oggi e descrive quel che è già successo). I fisici non sono in grado di farlo, anche se gli economisti ci provano. Ma poi basta un virus, una contingenza, e la storia cambia, senza che nessuno lo avesse predetto con qualche formula. La scienza non ha la sfera di cristallo. Ma non abbiamo niente di meglio per capire il mondo. A volte può fare predizioni accurate, a volte no. 

Credo di aver già scritto che il problema del ritorno alla normalità è proprio la normalità, ma vale la pena di ripeterlo. Questa storia rappresenta una severa lezione di umiltà, speriamo di averla imparata. 


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Ferdinando Boero Professore di Zoologia all’Università di Napoli Federico II. Associato al Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ha coordinato numerosi progetti di ricerca nazionali e internazionali, ha pubblicato centinaia di articoli, capitoli di libri e libri sui suoi principali temi di ricerca: Biodiversità Marina e Funzionamento degli Ecosistemi. Aree Marine Protette. Evoluzione, Comunicazione scientifica. Su mandato dell’European Academies Science Advisory Council ha redatto documenti di indirizzo per i G7 di Berlino e Tokyo e per la Commissione Europea. Vice chair dell’European Marine Board. Membro di Faculty Opinions. Vicepresidente dell’associazione ambientalista Marevivo, membro del Consiglio Scientifico di WWF Italia, e Pro Natura.

Ha scritto quattro libri per il grande pubblico: Ecologia della Bellezza; Ecologia ed Evoluzione della Religione; Economia senza Natura, la grande tru a; Ecco perché i cani fanno la pipì sulle ruote delle macchine: L’uomo e il suo rapporto con gli altri animali e le leggi della natura.
Principali onorificenze:
2005: Grand Medaille Albert 1er pour l’Océanographie dell’Institute Océanographique de Paris.
2017: Medaglia dell’Accademia Nazionale delle Scienze per la Classe di Scienze Fisiche e Naturali.

Gilles Bœuf è professore emerito all’Università della Sorbona (Université Pierre et Marie Curie, UPMC), assegnato all’Osservatorio Oceanologico Banyuls dopo aver trascorso 20 anni all’IFREMER di Brest (Istituto francese di ricerca per l’esplorazione del mare). È uno specialista di fisiologia ambientale e biodiversità. Tra il 2009 e il 2015 è stato presidente del Museo nazionale di storia naturale (MNHN). È stato anche visiting professor al Collège de France per l’anno accademico 2013-2014, presso la cattedra di » Sviluppo sostenibile, energia, ambiente e società » e ha dedicato il suo insegnamento alle interazioni tra biodiversità e umanità. È stato consulente scientifico per due anni nel gabinetto di Ségolène Royal, allora ministro dell’Ambiente, dell’Energia e del Mare. È stato presidente del Consiglio scienti co dell’Agenzia francese per la biodiversità (2017-202020). Attualmente è professore consulente presso AgroParisTech e docente presso Sciences Po Paris. È O cier de l’Ordre National du Mérite e Chevalier de la Légion d’Honneur. Nel 2013 è stato insignito della Gran Medaglia Alberto I di Monaco per tutta la sua carriera, dedicata ai mari e all’oceano.

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Ferdinando Boero

Jamais autant qu’en cette période la science n’est appelée à résoudre des problèmes de vie ou de mort et tout le monde s’étonne qu’elle ne soit pas en mesure de répondre efficacement à l’urgence de la pandémie de coronavirus.

La responsabilité de ces attentes incombe également aux scientifiques eux-mêmes, qui se sont souvent vantés de leurs résultats comme étant des solutions à des problèmes cruciaux. La science est basée sur des certitudes solides, mais elle se projette dans la sphère obscure de l’ignorance, de ce que nous ne savons pas. Et plus nous apprenons, plus nous nous rendons compte que nous ne savons pas.

Nous avions la présomption de dominer le monde et il suffit d’un tout petit micro-organisme pour mettre en l’air  nos systèmes économiques et sociaux. Nous ne sommes pas plus forts que la nature, même si nous pensons l’être. Nous devons nous y adapter et nous ne pouvons pas penser que ce soit elle qui s’adapte à nous.  R. Passet  ( dans Politiques de développement, 1969, Dalloz, Paris) identifie la durabilité à trois sphères : 1 : l’environnement, 2 : la société, 3 : l’économie. Les lois régissant la sphère environnementale sont également valables pour les sphères 2 et 3 : sans l’environnement, ni la société ni l’économie ne peuvent exister. Les lois de la sphère sociale sont également valables pour la sphère économique, tandis que les lois de la sphère économique doivent s’adapter aux deux autres sphères.

Nous avons agi en sens inverse : les lois de la sphère économique ont prévalu sur celles des sphères sociale et environnementale. Le résultat est sous nos yeux, et il est aussi désastreux d’un point de vue économique, qu’environnemental et social. La durabilité, qui a été l’objectif de toutes les déclarations d’intention depuis des décennies, exige le renversement des priorités comme garantie de la prospérité future de notre espèce.

Les sciences de l’évolution nous montrent que les espèces qui peuvent s’adapter au reste de l’environnement progressent et prospèrent, tandis que celles qui ne peuvent pas suivre le rythme sont anéanties par la sélection naturelle.

Le succès d’une espèce se mesure au  nombre d’individus qui la composent. Mais un excès de succès sape les bases de la continuité des espèces, car les écosystèmes ne sont plus en mesure de maintenir leur taux de consommation des ressources.

En un mot, il y a deux lois de la nature :

  • la loi de la croissance : toutes les espèces ont tendance à augmenter en nombre
  • la loi de la limite : même si toutes ont tendance à croître, toutes ne peuvent pas le faire parce que le monde est un système infini qui ne prévoit pas de croissance infinie.

 

Nous avons tout misé sur la première loi, celle de la croissance, et maintenant nous payons les conséquences de notre ignorance de la deuxième loi : la loi de la limite.

Cette crise est une leçon sévère qui nous offre une grande opportunité : la possibilité d’adapter nos systèmes de production et de consommation aux lois naturelles, en prenant le chemin de la durabilité. 

 

Gilles Bœuf

En décembre 2019, une pneumonie d’origine alors inconnue touchant 59 personnes a été signalée dans la ville chinoise de Wuhan. Il a depuis été établi que cette maladie émergente, devenue depuis une pandémie, était due à « un nouveau virus », en fait un coronavirus (Sars-CoV-2), issu de chauve souris. Elle a été dénommée Coronavirus disease 2019 ou Covid-19. Ce virus s’est répandu avec une vélocité effarante sur toute la planète. Ce qui n’aurait pas dû se produire s’est produit, ce qui n’aurait pas dû dépasser un petit impact très localisé s’est diffusé dans le monde entier en quelques semaines ! Avec ses plus de 100 000 vols par jour, le trafic aérien est clairement incriminé dans cette dissémination ahurissante du virus…

Alors, comment expliquer cela et quelles sont les relations avec nos modes de vie et nos comportements ? Quel est le rôle des scientifiques dans l’interprétation de ces évènements ? Ce que l’on sait, c’est que les marchés de ce type, dans lesquels des animaux sauvages vivants sont vendus, concentrent des espèces qui ne se côtoient pas habituellement, dans des espaces très réduits, dans des conditions effroyables de promiscuité, favorisant le passage de la barrière d’espèce. De même, l’élevage et le transport d’animaux sauvages dans de mauvaises conditions d’hygiène, entassés dans des cages, la préparation et la consommation de la viande de ces animaux favorisent les contacts à risque entre les humains et les virus dont ils peuvent être porteurs. Un travail publié dans la revue « Nature » il y a 10 ans, de Felicia Keesing et de ses collaborateurs, avait insisté sur l’effet « dilution » dans le monde vivant. La propagation d’un parasite opportuniste, comme un virus, est freinée non seulement par la diversité des espèces, mais surtout par la diversité génétique interne à chacune. Cette diversité génétique intraspécifique est un vrai labyrinthe pour les parasites qui doivent faire face à des individus toujours différents, dont certains leur résistent, ce qui freine leur expansion. La variabilité, et la diversité qui en résulte, sont des protections pour les hôtes. C’est le déclin de la biodiversité qui augmente les risques de transmission des pathogènes et l’émergence des maladies associées, en réduisant les populations d’hôtes et, ce faisant, la probabilité d’apparition des résistances. Chez les mammifères, trois ordres, rongeurs, chauve-souris et primates, sont les hôtes de 75 % des virus zoonotiques (passage de l’animal à l’homme) décrits à ce jour. Aussi, trois faits sont importants à souligner : 

  • L’élevage intensif des animaux domestiques. En effet, 12 espèces d’animaux domestiques 
sont, avec les 3 ordres de mammifères sauvages, les hôtes de nombreux virus zoonotiques; 
  • La capture des animaux sauvages, pour leur consommation, pour des usages dits médicinaux 
ou autres ou pour en faire des animaux de compagnie ; 
  • La destruction des habitats, notamment de la forêt tropicale, qui a pour conséquence de déséquilibrer les écosystèmes et d’accroître les zones de contact entre humains et faune sauvage, mais parfois également celles entre humains, faune domestique et faune sauvage.

La crise covid19 – qui est profonde et d’ordre planétaire – fait « vivre » à l’ensemble de l’humanité (dont plus de 3 milliards sont confinés !) ces fameuses « limites planétaires ». De la crise écologique naît la crise sanitaire puis la crise économique. Comment réagir ? Inspirons-nous du vivant : il est là depuis près de 4 milliards d’années, il a fabuleusement réussi, il nous émerveille et nous encourage tous les jours, nous soutient, nous guérit, nous nourrit, coopère en permanence avec nous. Malgré des crises gigantesques et très dures, il s’en est toujours sorti, il a constamment évolué face à l’adversité. Le vivant innove en permanence. Si le vivant s’est si bien adapté, c’est qu’il a constamment changé, ce que nous ne faisons toujours pas ! Notre futur souhaitable passe par ce changement, et d’abord par la prise de conscience que nous faisons inéluctablement partie de ce vivant : nous sommes eau, ADN, cellules, organismes, coopération, entraide, commensalisme, mutualisme, symbiose… Puissent 15 gènes d’un petit virus provoquer chez nous, avec nos 30 000 gènes, l’électrochoc collectif dont nous avons besoin…

 

Ferdinando Boero

La crise provoquée par le Coronavirus a mis en évidence l’importance de la science. Cela ne devrait pas être nécessaire, dans la mesure où cette dernière constitue le seul moyen que nous connaissons pour acquérir des connaissances, mais le concept  avait besoin d’être renforcé. 

La réponse de la science, cependant, suscite la méfiance des gens ordinaires et des décideurs à l’égard de la science elle-même. Permettez-moi de m’expliquer. Lorsque le problème est apparu, certains virologistes ont dit : pas de problème, c’est une simple grippe. Des milliers de personnes meurent chaque année à cause des grippes saisonnières, mais il s’agit généralement de personnes âgées et faibles qui ont atteint la fin de leur vie. D’autres ont dit : attention ! Celle-ci est plus grave que les grippes courantes, et elle peut avoir de graves conséquences. D’autres encore ont dit : vous êtes tous fous ! cette grippe tue et nous devons nous mettre à l’abri. 

Certains décideurs, au premier rang desquels Boris Johnson, ont décidé de ne rien faire et de laisser faire la nature : les faibles vont mourir et notre espèce sera plus forte. Autrement dit : la sélection naturelle. Le virus sélectionnerait les individus résistants et notre espèce en sortirait plus forte ! Puis Boris a changé d’avis, on se demande pourquoi. 

Qui a raison ? Quelle est la bonne version ? En Italie, les virologues ont présenté les trois possibilités comme s’excluant mutuellement et ont commencé à s’insulter les uns les autres, en se taxant de catastrophisme ou d’irresponsabilité. 

Face à ces conflits, un ministre a déclaré que la science devait fournir des vérités solides mais qu’elle ne le faisait pas. Cela revient à dire que la science est de peu d’utilité. 

Le problème est d’ordre philosophique : les épistémologues demandent à la science d’être «dure» et prédictive. Prévoir l’avenir avec des équations. La physique est la reine des sciences, pour eux ! 

Les sciences qui ne sont pas en mesure de le faire sont «molles» et descriptives. Il est évident que toutes les sciences ont tendance à se montrer «dures», et c’est une grave erreur. Toutes les sciences ne peuvent pas prédire l’avenir en appliquant des formules. Mieux encore : elles ne peuvent prédire l’avenir de manière probabiliste. 

Nous ne savons pas encore quels sont les pourcentages, mais il est évident que les trois versions des virologues sont vraies, bien qu’aucune ne soit universellement vraie. 

La plupart des personnes infectées ne s’en rendent même pas compte, même si elles peuvent en infecter d’autres. Ceux qui disent qu’il s’agit d’une grippe banale ont donc raison. 

Une partie des personnes infectées tombent malades, présentent des symptômes graves mais peuvent se rétablir, parfois après des soins intensifs. Ceux qui disent que le problème est grave mais pas trop ont donc raison. 

Une partie de ceux qui sont infectés meurent. Malgré le traitement. Ceux qui prêchent la prudence extrême ont donc raison. 

Pensez maintenant aux pourcentages. Si je vous disais que 70% de la population n’est pas touchée, que 20% de la population tombe malade mais guérit et que 10% meurt, comment réagiriez-vous ? L’Italie compte environ 60 millions d’habitants. 10% représentent six millions de personnes : c’est le nombre de victimes du génocide nazifasciste contre les Juifs, un holocauste. 

La science, quand les choses deviennent difficiles, ne produit pas de vérités universelles. La pandémie du coronavirus n’est pas une situation du type vrai ou faux. Chaque position est fausse dans son universalité, car un même événement (infection virale) peut entraîner trois catégories d’effets (aucun, grave mais non mortel, mortel). Ces trois positions sont vraies, sont confirmées par les faits, mais ne s’appliquent pas à l’ensemble de l’échantillon considéré. Nous ne connaîtrons les pourcentages que plus tard. 

Les sciences «dures», prédictives, traitent de phénomènes relativement simples. Les sciences dites «molles», descriptives, traitent de phénomènes très complexes. Nous ne pouvons pas demander à ceux qui étudient les phénomènes complexes de répondre comme le feraient ceux qui étudient les phénomènes simples. Les physiciens, quand ils tombent malades, ne vont pas chez le physicien, ils vont chez le médecin. Le médecin se base sur des études de cas qui ne sont pas universelles, mais probabilistes. Et si un remède ne fonctionne pas sur certains patients, il en cherche un autre. Il continue à le prescrire si, dans la plupart des cas, il est efficace. 

Il convient de le répéter : les sciences «dures» sont confrontées à des problèmes simples, les sciences «molles» à des problèmes difficiles. 

La pandémie a de graves répercussions sur notre économie, ce qui devrait nous inciter à réfléchir. Les économistes sont spécialisés dans la prévision de l’avenir grâce à leurs modèles mathématiques. De toute évidence, ils pensent que l’économie est comme la physique : dure. Ce n’est pas le cas. L’économie est régie par des contingences qui peuvent avoir des conséquences catastrophiques. Une fois c’est un virus, une autre fois ce sont deux avions qui s’écrasent sur deux gratte-ciel, d’autres fois ce sont des hypothèques accordées avec trop de libéralité. Les économistes nous ont conseillé de délocaliser : nous déplaçons la production vers des pays où la main-d’œuvre est bon marché et où il n’existe pas de lois strictes en matière de protection de l’environnement. Alors maintenant, nous réalisons que nous n’avons pas de masques pour nous protéger : personne n’en produit plus, en Europe. Les effets sur l’environnement ne sont pas limités aux pays où nous avons déplacé la production polluante : le changement est mondial. En outre, la mondialisation propage les épidémies de manière catastrophique, les transformant en pandémies. Tout cela bouleverse une économie qui n’avait pas mis ces variables dans ses modèles. 

Allons-nous tirer des enseignements de la biologie, de l’épistémologie et de l’économie ? Les évidences sont si claires ! Si nous n’apprenons pas d’elles, la sélection naturelle s’en chargera. Darwin dirait : «Tu ne veux pas comprendre ? Tant pis !” Et le résultat de tout cela sera que nous serons emportés par notre incapacité à être suffisamment sapiens. 

Quelqu’un nous prévient depuis longtemps que les modèles actuels de production et de consommation ne sont pas bons. Mais la sphère économique a toujours prévalu sur la sphère sociale et sur la sphère écologique. Et même maintenant, pour revenir à la «normalité», on demande aux économistes de concevoir un avenir aussi semblable que possible au passé. Les avertissements resteront sans effet. Nous aurons la maigre satisfaction de dire : nous vous avions prévenus !

 

Gilles Boeuf

Je vais aujourd’hui réagir à la situation et aux propos de mon grand ami Fernandino. A propos de cette pandémie qui touche nos deux nations, Italie et France, nous sommes compagnons d’infortune mais nous sommes aujourd’hui sur une pente du nombre de décès dans le monde, tous pays confondus (quelques-uns ne sont pas encore au pic car ils ont été contaminés plus tard) bien encourageante. Je joins une figure produite par l’IRMES (L’institut de recherche biomédicale et d’épidémiologie du sport) en pièce jointe. Cela ne veut bien sûr pas dire que la crise est finie mais que l’intensité des contaminations et des décès a bien diminué. La vraie question est maintenant comment allons-nous faire en “déconfinement” ? Et comment la science peut-elle nous y aider ? Nous avons tout entendu au cours des deux mois écoulés, phrases dans la précipitation, informations d’intérêt, “fake news”, et surtout une avalanche d’assertions de “pseudo-experts” qui en fait ne nous assènent que leur “opinion”, bien loin de ce qu’est un fait scientifique avéré !  Etienne Klein, un physicien français, a d’ailleurs produit un joli petit opuscule* intitulé “Je ne suis pas médecin mais je…” de grand et pertinent intéret. Il écrit “…Faisons une expérience de pensée. Imaginons que dans une population donnée apparaisse une nouvelle maladie, qui affecte une personne sur mille. Les symptômes de cette pathologie n’étant ni visibles ni ressentis, nul ne sait dire qui est malade
et qui ne l’est pas. Mais les chercheurs s’activent et finissent par mettre au point un test de dépistage dont la fiabilité est de 95 %. Cela signifie que toute personne malade est détectée positive, mais que sur cent personnes non malades, en moyenne quatre-vingt- quinze sont effectivement négatives au test mais cinq sont ce qu’on appelle des « faux positifs », c’est-à-dire sont positifs au test sans être malades. Soit maintenant une personne qui se révèle positive au test : quelle est la probabilité qu’elle soit malade ? Si vous réalisez un sondage dans votre entourage, vous constaterez que la proportion de ceux qui répondent « 95 % » à cette question est très élevée. Or, la bonne réponse est… seulement de 2 % ! » Voilà où nous en sommes ! Il apparaît donc qu’un test fiable à 95 %, ce qui semble être un bon score, en réalité ne sert pas à grand-chose, contrairement à ce que nous tendons à croire spontanément. Pour qu’un test soit utile en l’occurrence, il faut que sa fiabilité soit encore plus proche de 100 %. Alors, vive la science ! 

Une question lancinante qui va sortir au moment du déconfinement, ou à la fin de cet épisode infectieux, dans nos deux pays va être « … avons-nous bien géré cette crise… », et surtout … « pourquoi certains pays s’en sortent infiniment mieux que d’autres » ? Et cela relance tout le débat sur les interactions politique/science. Peut-on raisonnablement laisser à un « Conseil scientifique » la totalité/responsabilité des décisions ? Certainement pas, ceci nous permet aussi d’ailleurs d’insister sur la transversalité et la composition d’un tel Conseil, seulement constitué de médecins ? Bien sûr que d’autres disciplines sont tout à fait aussi déterminantes, sciences sociales, anthropologues, écologues et même philosophes… C’est bien entendu au politique de trancher en dernier ressort, en s’appuyant sur l’état de l’Art des diverses disciplines. Mais la science produit de la connaissance avec toujours une bonne dose d’imprévisible. Elle a publié 50 000 papiers scientifiques sur le Codiv en quelques mois mais pour autant avons-nous progressé dans notre conscience de la survenue de la crise actuelle ? 

Notre ami Etienne Klein rajoute « … En marge des ravages qu’il a déjà faits et qu’il va continuer à répandre, le petit coronavirus nous poussera-t-il à relativiser notre relativisme ? À considérer que tous les discours ne se valent pas, que certains sont moins vrais que d’autres? Allons-nous finir grâce à lui par gommer en nos esprits l’idée que les connaissances scientifiques seraient toujours superficielles et arbitraires, de simples opinions collectives d’une communauté particulière, sans le moindre lien avec la réalité ? ». La science n’est pas et ne sera jamais une opinion et c’est ici que nous devons rester prudents et surtout bien faire la part des choses ! C’est pourquoi, bien évidemment ainsi que le prône Ferdinando, nous nous devons de bien former nos jeunes (et aussi moins jeunes d’ailleurs !) mais aussi développer en eux un véritable et aigu esprit critique ! C’est ici le lieu d’insister fermement sur l’indispensabilité de développer, grâce à des enseignants bien formés, les Sciences de la Vie et de la Terre durant tout le cursus scolaire, de l’école maternelle à l’Université et aux « grandes écoles ». Et, enfin, si nous ne changeons pas nous ne pourrons pas nous adapter aux changements actuels ! La guerre est dure entre les partisans de « recommencer comme avant et rattraper le retard de production » et ceux qui, au contraire, comme nous le sommes, dans une philosophie beaucoup plus profonde de meilleure répartition des ressources,  de relocalisations de marchés et approvisionnements locaux et surtout de stopper ces horribles défauts de l’humain que sont l’imprévoyance, l’arrogance et la cupidité….

 

*Tract de crise, n° 25, 31 mars 2020, Gallimard. 

 

Ferdinando Boero

J’avoue que je n’ai pas bien compris l’exemple du physicien qui n’est pas médecin mais… il n’y a pas de tests fiables à 100% : la médecine n’est pas la physique. Le niveau d’indétermination est élevé, c’est pourquoi dans tous les traitements il y a des intervalles de confiance, avec un écart-type. En fin de compte, l’incertitude est également présente en physique (principe d’incertitude de Heisenberg). La théorie du chaos nous montre que les prédictions sont impossibles lorsqu’il s’agit de situations complexes. Il n’y a pas de fiabilité à 100% en médecine, étant donné la complexité des arguments qu’elle traite. 

Les pourcentages de fiabilité des traitements médicaux ne sont jamais de 95%, et ce n’est pas pour rien que dans chaque médicament il y a une longue liste d’effets secondaires qui nous disent que dans certains cas nous pourrions même mourir en prenant ce médicament. Nous ne pouvons pas tabler sur un tel niveau de fiabilité. La médecine ne deviendra pas physique : elle étudie des sujets trop complexes pour la physique.  Comme je l’ai déjà dit, lorsque les physiciens tombent malades, ils vont voir un médecin, pas un physicien.

La biologie est une science historique, tout comme la médecine. Elle repose sur des contraintes et des contingences. Les lois de la physique éliminent les contingences et sont donc prédictives. Mais, dans la vie réelle, ce sont précisément les contingences qui font l’histoire. Sinon, «il n’y aurait pas d’histoire» et les physiciens, en appliquant une certaine équation, pourraient écrire aujourd’hui le journal d’après-demain (celui de demain est en train d’être écrit aujourd’hui et décrit ce qui s’est déjà passé). Les physiciens ne sont pas en mesure de le faire, même si les économistes, eux, s’y risquent. Mais il suffit alors d’un virus, d’une contingence, et l’histoire change, sans que personne ne l’ait prédit par une quelconque formule. La science n’a pas de boule de cristal. Mais nous n’avons rien de mieux pour comprendre le monde. Parfois, elle réussit à faire des prédictions précises, parfois non. 

Je pense avoir déjà écrit que le problème du retour à la normalité est précisément la normalité, mais cela vaut la peine de le répéter. Cette histoire est une dure leçon d’humilité, espérons que nous l’avons apprise./ espérons que nous la retiendrons. 

Ferdinando Boero est professeur de zoologie à l’université de Naples Federico II. Associé au Conseil national de la recherche, il a coordonné de nombreux projets de recherche nationaux et internationaux et a publié des centaines d’articles, de chapitres de livres et d’ouvrages sur ses principaux sujets de recherche : la biodiversité marine et le fonctionnement des écosystèmes. Aires marines protégées. Evolution, communication scientifique. Au nom du Conseil consultatif scientifique des Académies européennes, il a rédigé des documents d’orientation pour le G7 à Berlin et à Tokyo et pour la Commission européenne. Vice-président de l’European Marine Board. Membre de Faculty Opinions. Vice- président de l’association écologiste Marevivo, membre du conseil scienti que du WWF Italie, et de Pro Natura. Il a écrit quatre livres destinés au grand public : Ecologie de la beauté ; Ecologie et évolution de la religion ; Economie sans nature, la grande arnaque ; C’est pourquoi les chiens pissent sur les roues des voitures : L’homme et sa relation avec les autres animaux et les lois de la nature.
Décorations principales :
2005 : Grande Médaille Albert 1er pour l’Océanographie de l’Institut Océanographique de Paris.
2017 : Médaille de l’Académie nationale des sciences pour la classe des sciences physiques et naturelles.

Gilles Bœuf est Professeur émérite à Sorbonne Université (Université Pierre et Marie Curie, UPMC), a ecté à l’Observatoire Océanologique de Banyuls après avoir passé 20 ans à l’IFREMER de Brest (Institut français de recherche pour l’exploration de la mer). Il est un spécialiste de physiologie environnementale et de biodiversité. Il a été Président du Muséum national d’Histoire naturelle (MNHN), entre 2009 et 2015. Il a également été professeur invité au Collège de France pour l’année universitaire 2013-2014, sur la Chaire « Développement durable, énergies, environnement et sociétés » et avait alors dédié son enseignement aux interactions entre biodiversité et humanité. Il a été deux années conseiller scientifique au cabinet de Ségolène Royal, alors ministre de l’Environnement, de l’Energie et de la Mer. Il a été président du Conseil Scientifique de l’Agence française pour la Biodiversité (2017-2020). Il est aujourd’hui professeur consultant à AgroParisTech et chargé de cours à Sciences Po Paris. Il est Officier de l’Ordre National du Mérite et chevalier de la Légion d’Honneur. Il a reçu en 2013 la Grande Médaille Albert 1er de Monaco pour l’ensemble de sa carrière, dédiée aux mers et à l’océan.