Danse

La Francia in Scena a Milanoltre

Partagez !

Scoprite gli spettacoli del Festival Milanoltre, che porta a Milano, dal 23 settembre al 10 ottobre, un programma composto da circa 50 appuntamenti tra spettacoli, masterclass, libri, incontri e approfondimenti per offrire un panorama della danza contemporanea internazionale e nazionale che aiuti a ripopolare i palcoscenici e le platee dei nostri teatri.

Scoprite gli spettacoli francesi al Festival:

Les nuits barbares ou les premiers matins du monde
coreografia Hervé Koubi
1 ottobre, ore 20.30
Sala Shakespeare

I tredici magnifici danzatori, fanno vorticare le loro gonne come dervisci, brandendo lame e coltelli al suono della musica sacra di Mozart e Fauré, miscelata con melodie tradizionali algerine, dialogando con il patrimonio musicale e spirituale dell’occidente; la loro sensualità virile e la loro energia mozzafiato evoca un’umanità intera di barbari: Persiani, Celti, Greci, Vandali e Babilonesi, quasi delle apparizioni da tempi remoti e oscuri, che hanno influenzato quel grande crocevia di culture che è il Mediterraneo. Tutti questi elementi storici e culturali si mescolano, dal punto di vista stilistico, con il linguaggio della breakdance e dell’hip hop, reinventati in maniera spettacolare, in un mix di generi dalla sensualità quasi spirituale.

Non lavorando sulla narrazione, ma sugli ambienti, sulla presenza della carne e la potenza delle immagini, la compagnia si trasforma da esercito di guerrieri a corpo di ballo o coro d’opera. Hervé Koubi solleva le ombre dalle notti barbare per mostrare l’alba di una cultura condivisa, in un’esplorazione potente e carismatica della storia del Mediterraneo.

Ce que le Jour doit à la nuit
Prima nazionale
coreografia Hervé Koubi
2 ottobre, ore 20.30
Sala Shakespeare

Un ritorno alle origini attraverso la danza.
Una tappa importante lungo il percorso di questa pièce è la collaborazione nel 2009 con i ballerini ivoriani della Compagnie Beliga Kopé per Un rendez-vous en Afrique. Nel frattempo Hervé Koubi organizza un’audizione ad Algeri e il progetto prende forma con dodici ballerini, in parte algerini e in parte burkinabé, provenienti soprattutto dalla street dance e dall’hip-hop. Pur non facendo parte dell’Oriente, l’Algeria è una sorta di contenitore dell’orientalismo del XIX secolo, osserva Hervé Koubi. E attingendo anche alle sue fantasie di bambino nato e cresciuto in Francia – fantasie venate di vigore ottomano e di araba soavità – concepisce una creazione in cui disegna come dei punti di collegamento tra le due culture: puntini di sospensione forse, o invece punti di ricamo, il lavoro del resto prende in prestito il titolo del romanzo di Yasmina Khadra, una storia che narra la vicenda di un ragazzo algerino, che impara a conoscere e amare il suo paese natale, colonizzato dai francesi.

Raffinato ricamo coreografico e dolcezza virile: dai breakers ai dervisci rotanti.
Sul palco giochi di luce alternano buio e bagliori, intrecciando nell’oscurità un reticolo luminoso. Anche la musica lascia immaginare legami tra le culture con pezzi composti da Hamza El Din e interpretati dal Kronos Quartet, brani di Bach e altri di musica Sufi. E in questa atmosfera sommessa e levigata, dodici uomini sfoggiano il loro virtuosismo coreografico con una delicatezza e una morbidezza che nulla toglie alla loro virilità. Al contrario, come afferma Hervé Koubi, questo Oriente si tinge di relazioni tra uomini prive di ambiguità: i corpi si toccano, si sfiorano, si sollevano con dolcezza fraterna e un evidente rispetto. Come se fossero abitati da un’entità sacra. E quando ruotano sulla testa, non possiamo non pensare a un legame tra dervisci rotanti e breakers. Pezzo di estrema cura formale, Ce que le jour doit à la nuit racconta anche qualcosa sui sogni e sulla loro bellezza.

Boys don’t cry
Prima nazionale | versione italiana
Coreografia Hervé Koubi – Fayçal Hamlat
2 ottobre, ore 20.30
Sala Shakespeare

Questa è la storia di un ragazzo che odia profondamente il calcio e adora appassionatamente la danza. Il coreografo franco-algerino offre a sette giovani ballerini autodidatti l’opportunità di mostrare il loro virtuosismo, tra hip-hop, street dance e danza contemporanea. Un pezzo che si scontra con i condizionamenti sociali relativi a una certa teoria di genere secondo la quale le ragazze cuciono, mentre i ragazzi giocano a calcio.

Boys don’t cry nasce a partire da un testo scritto appositamente dalla storica e scrittrice francese Chantal Thomas, allieva di Roland Barthes, dirigente di ricerca al CNRS, vincitrice del prestigioso premio letterario Prix Femina nel 2002 e da gennaio 2021 entrata a far parte dell’olimpo dei grandi dell’Académie Française.
Il testo racconta di un’improbabile partita di calcio, di un parco giochi e della danza, facendone il pretesto per una riflessione nostalgica, divertente e tenera su cosa significa danzare se sei un ragazzo, specialmente quando vieni dal Nord Africa e dal mondo arabo.

Senza cadere negli stereotipi del ballerino che, fin da giovanissimo, non solo preferisce la danza al calcio, ma odia visceralmente questo sport a causa della violenza che genera, la creazione intende dare voce a tutti quelli a cui viene imposto qualcosa a cui si oppongono. La pièce si concentra sul sentimento, conscio ma anche inconscio, del giovane che soffre perché costretto a scuola non solo a giocare a calcio, ma anche ad amare questo sport. Lo spettacolo approfondisce la questione del sacrificio di sé, attraverso l’abnegazione del ragazzo che deve compiacere la propria madre. E, soprattutto, Boys don’t cry è la sublimazione di un certo “farsi violenza” attraverso la gioia trascendente e dunque liberatoria della danza.

Lo spettacolo offre dunque un terreno sul quale affrontare e sconfiggere alcuni clichés tipici di un mondo in cui prevale l’idea: “taglio & cucito per le ragazze e partita di calcio per i ragazzi”, volgendo uno sguardo tenero e nostalgico a un’infanzia in cui la via predestinata non è sempre quella desiderata.
Una danza per sé stessi, un’ode alla famiglia, un’affermazione del cuore, la comprensione dell’amore.