Bellezza, eleganza, fascino. Energia, talento, intelligenza. Di nascita tedesca, di adozione francese, Diane Kruger vive negli stati Uniti, parla quattro lingue, ma prima di tutto è un’attrice esigente e perfezionista che attraversa senza batter ciglio il cinema d’autore, le grandi produzioni hollywoodiane e la serialità televisiva. Versatile e iperattiva (oltre quaranta film in più di dieci anni di carriera), ha la rara capacità di captare immediatamente l’obiettivo della macchina da presa. Cresciuta con il mito della musa Romy Schneider, ai blockbuster alterna il realismo europeo senza perdere mai in credibilità e misura. «Ci sono immagini che restano nella mia mente e mi fanno pensare: è questo ciò che mi aspetto da un film», ha raccontato. È lo stesso che deve aver pensato quando, appena undicenne, ha lasciato il paesino di Algermissen (dov’è nata nel 1976) diretta a Londra alla volta dell’accademia del Royal Ballet con il sogno di diventare una ballerina. Ma non è la danza il suo destino (complice un incidente al ginocchio che mette fine a quell’ambizione) e lo scopre a 15 anni, quando vince il concorso della Elite Model, entrando così nella scuderia della celebre agenzia di modelle che la proietta sulle passerelle di tutto il mondo.
Da Armani a Yves Saint Laurent, da Louis Vuitton a Christian Dior, fino a Chanel (che l’ha scelta come testimonial per la linea beauty), Kruger diventa il volto delle maison più importanti. Rimasta affascinata dal cinema di Luc Besson, decide di prendere lezioni di recitazione all’Ecole Fleuron di Parigi: nel 2002 guadagna il suo primo ruolo da protagonista nell’action crime The Piano Player accanto alle due star Christopher Lambert e Dennis Hopper. Nello stesso anno viene diretta da Guillaume Canet, all’epoca suo marito, che la vuole per il suo primo lungometraggio da regista, Mon idole. È l’inizio di un rapporto privilegiato con il cinema francese: con il successivo Autoreverse di Cédric Klapisch ottiene il Premio Chopard come rivelazione femminile al Festival di Cannes. È poi la volta di Joyeux Noël (2005) di Christian Carion, Copying Beethoven (2006) di Agnieszka Holland, Goodbye Bafana (2007) di Bille August, Pour elle (2008) di Fred Canayé, Pieds nus sur les limaces (2010) di Fabienne Berthaud. Intanto, Hollywood si è accorta di lei e nel 2004 Diane incarna la leggendaria Elena di Troia nel kolossal Troy. È protagonista con Nicolas Cage di Il mistero dei Templari e nel 2009 Quentin Tarantino la sceglie per interpretare l’algida attrice Bridget von Hammersmark in Bastardi senza gloria.
È stata membro della giuria, presieduta da Costa-Gavras, alla Berlinale 2008 e al Festival di Cannes 2012 in quella presieduta da Nanni Moretti. Torna in Francia per diventare la regina Maria Antonietta in Les Adieux à la reine (2011) di Benoît Jacquot e tra la commedia Un plan parfait, la fantascienza di The Host e il thriller mozzafiato Maryland, conquista il piccolo schermo diventando per due stagioni la detective autistica Sonya Cross nella serie The Bridge. «Il ruolo migliore sarà il prossimo», ama ripetere: a breve la vedremo nei nuovi lavori di Fatih Akin e Thierry Klifa e nel biopic su John Kennedy Toole al fianco di Thomas Mann, Susan Sarandon e Nick Offerman.