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Lenfermoi

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LENFERMOI
Performance di Olivier de Sagazan
Musiche di Christophe Havard

Mercoledì 3 maggio, ore 21
Loggiato di San Bartolomeo (via Vittorio Emanuele 25)
Ingresso libero

Nell’ambito della mostra collettiva PERSONA, ideata dall’associazione LEMOSCHE e realizzato dal Comune di Palermo, Assessorato alla Cultura con il sostegno dell’Institut français di Palermo.

«Olivier de Sagazan è uno degli artisti più affascinanti dei nostri tempi, nelle sue opere grafiche e forse ancor più nelle sue performance.

In Lenfermoi, è una specie di personaggio da slapstick che entra in scena, con un vestito grigio, una camicia bianca, il viso tra il mimo Marceau e Artaud. Entra in una ruota in cui, per più di un’ora, corre senza muoversi e declama un testo in parte improvvisato. Il personaggio si rigira su se stesso, contorce la lingua alla ricerca della parola giusta. Intrappolato nel suo io, intrappolato nell’inferno delle sue parole. La gabbia nella quale corre è a metà tra una ruota per criceti da racconto kafkiano e un supplizio degno dell’Ade, tra il masso di Sisifo e la botte delle Danaidi.

Il suo discorso tenta di soffermarsi su parole solitarie, fallisce, ritenta, si avvicina ad oggetti del desiderio, riparte come per coprire con il rumore ciò che non saprebbe enunciare. Tende alla glossolalia furiosa, poi, nel nero, a incarnazioni vudù, a invocazioni da stregone africano. I montanti della ruota diventano tribuna di Hitler, montanti della Croce, ma le parole sacre non riescono ancora a dire l’io. La verbigerazione prosegue incessantemente, le parole si trasformano per paranomasia, si accavallano le une sulle altre, sembrerebbe Lacan salmodiato da un Pierre Rep in pieno delirio.

È una parodia della lingua che non riesce a fare uscire l’individuo da se stesso se non, forse, proprio in questa parodia in cui la lingua finisce per esaurirsi. È questo che serve forse: sfinire il corpo e la lingua per uscirne. Non siamo molto distanti da Novarina, sebbene la forma sia molto diversa. A volte la luce si spegne, non si vede più nulla nel nero se non dei punti luminosi sul corpo dell’artista, che seguono i suoi movimenti, come una rotazione di costellazioni.

La performance, vero exploit fisico, mette in gioco il corpo, il respiro, la luce. È allo stesso tempo plastica e letteraria. Totale, dunque. Molto lontana dalle fredde elaborazioni di concetti o dalle goffe simboliche di certi artisti, quindi conquista ed entusiasma.” Pierre Jourde (traduzione Simona Marino)