SENTINELLE SUD. DI MATHIEU GERAULT. (2021)
Con Niels Schneider, India Hair, Denis Lavant, Sofian Khammes, Thomas Daloz
VO sott. ita. Dramma (97 min).
- Lunedì 13/05 ore 17:00
UN’OPERA PRIMA SFRONTATA E RESA ANCORA PIÙ AFFILATA DAL RIGORE FORMALE DELLA REGIA DI MATHIEU GÉRAULT.
- Recensione di Luigi Coluccio / My Movies
Christian è appena tornato dall’Afghanistan e subito finisce davanti ad un giudice per una rissa. Il soldato semplice è in difficolta, non riesce a stare al passo con quello che gli succede attorno: la commissione d’inchiesta che indaga su uno scontro con i miliziani ad Herat dove sono morti alcuni commilitoni e diversi bambini afghani; l’alienante lavoro al supermercato che gli ha trovato il suo comandante; le condizioni di Mounir ed Henri, suoi compagni laggiù sulle montagne asiatiche, tornati in Francia schiacciati nel fisico e nella mente. Tutto precipita quando la banda di gitani con a capo Abraham reclama l’oppio che gli era stato promesso da Mounir e che Henri doveva comprare dal mullah locale, ma le cose, forse, non stanno davvero così…
Quante cose in questo film: soldati di ritorno dal fronte, periferie francesi, trafficanti di oppio, ospedali psichiatrici, rapinatori di gioiellerie, alberghi abbandonati…
Sentinelle Sud è una pila di corpi. Corpi vuoti, cionchi, farneticanti, sconvenienti, mamertini, scomunicati. C’è n’è per tutti: Christian che si agita per mettere qualcosa dentro la sua anima, qualunque cosa; Mounir con una gamba a pezzi e incapace di essere a casa quello che era in Afghanistan; Henri dal giudizio oramai andato a cui neanche gambe e braccia rispondono più; Lucie che lavora in un ospedale psichiatrico con il suo pancione mentre tutti le chiedono dove sia il padre; il comandante de Royer dalla faccia e dalla schiena immutabili; Abraham e la sua famiglia di criminali quasi per forza. E questi corpi stanno dentro delle linee, da questa o quell’altra parte, linee tracciate nello spazio e su di loro: la linea del sangue che divide Christian e Mounir ma lega Abraham e i suoi; la linea del clan che tiene insieme l’unità comandata da de Royer; la linea dei sentimenti, a cui si aggrappano Lucie ed Henri; e poi la linea del colore, della religione, della società civile e di quella militare.
Mathieu Gérault, alla sua opera prima, parte da quello che conosce meglio. Cresciuto con dentro gli occhi il bocage normanno, diviso dai fratelli da piccolo, quando quel che resta della famiglia si trasferisce nel capoluogo Laval per lui è come arrivare a Brooklyn - bucolico romanticismo che in realtà è uno spicchio di un terreno più grande, cittadine che sono periferie di metropoli lontane. E poi c’è il cinema, che ha abbracciato dopo aver abbandonato gli studi in Scienze Economiche, guardando e ricordando Lumet, Lo spaventapasseri e Un uomo da marciapiede - per una New Hollywood sulla Senna. E tutto questo lo percepiamo in Sentinelle Sud, esordio schiaffato in faccia con una sfrontatezza resa ancora più affilata dal rigore formale che Gérault si dà e riesce a dare alla pellicola, come se la mano destra affastellasse e quella sinistra senza essere vista pesasse e plasmasse.
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